La Terra dispiega una tale varietà di habitat, luoghi e forme da poter parlare, a ragione, di ricchezza inspiegabile e inesauribile. Di fatto, di biodiversità. Fu il grande entomologo e divulgatore scientifico Edward O. Wilson a introdurre il termine “biodiversità” nel linguaggio comune e a definire i fondamenti dell’ecologia. Lo studioso considerava la Terra un “giardino delle meraviglie”, un pianeta nel quale la vita si è incuneata in ogni anfratto – tra i ghiacci, nei deserti, nelle profondità buie dell’oceano. È impressionante quanto poco conosciamo delle specie che abitano la Terra: non sappiamo quante siano già scomparse e definitivamente perdute, quante altre non abbiamo nemmeno potuto conoscere e studiare, e quante, tra quelle note, siano estinte o in via di estinzione. Dice Telmo Pievani in La natura è più grande di noi (Solferino, 2022): “Da Linneo in poi abbiamo classificato circa 2 milioni di specie, ma secondo i maggiori esperti di biodiversità dovrebbero esisterne quattro o cinque volte di più”. Perché occuparcene? “Perché non potremo mai proteggere ciò che non conosciamo” aggiunge. Allo stesso tempo, però, negli ultimi cinque secoli abbiamo causato la scomparsa di un terzo di tutte le specie e continuiamo in questa direzione, addirittura accelerando a causa del cambiamento climatico; dovremmo almeno avere un inventario per sapere che cosa stiamo perdendo. Eppure il motore che consente il recupero degli ecosistemi è proprio la biodiversità – fondamentale allora conoscerla.