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Giornata mondiale per le donne e le ragazze nella scienza 2018

L’11 febbraio ricorre la Giornata mondiale per le donne e le ragazze nella scienza, indetta dalle Nazioni Unite per promuove l’uguaglianza di genere e perché ci sia parità di accesso e partecipazione nel mondo scientifico.

Ebbene, abbiamo scelto quest’occasione per annunciare l’uscita di Ragazze con i numeri, di Vichi De Marchi e Roberta Fulci, disponibile dal 21 marzo. Il libro vuole festeggiare i 15 anni della collana Donne nella scienza, un progetto editoriale nato nel 2003 e declinato al femminile: a raccontare con parole e illustrazioni le protagoniste di ciascun libro sono, infatti, donne.

Ragazze con i numeri racconta 15 scienziate che hanno lasciato il segno, da Jane Goodall a Rosalind Franklin, da Hedy Lamarr a Valentina Tereshkova. Di seguito potete leggere in anteprima quattro brani tratti da altrettante biografie. Così come l'intera collana, questo libro è il nostro contributo perché bambine e bambini abbiano le stesse opportunità, e perché i loro interessi vengano incoraggiati oltre gli stereotipi di genere.

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Rita Levi Montalcini, neurobiologa

Lavoravo tantissimo, viaggiavo, facevo esperimenti, le mie ricerche progredivano. Ai convegni, le mie relazioni avevano grande successo. Quasi sempre ero l’unica donna. La cosa, anziché intimorirmi, mi divertiva. Mi divertiva sentire gli altri relatori iniziare il loro intervento dicendo “lady and gentlemen”, con un inchino verso di me, l’unica lady, la sola donna della conferenza. A volte si creavano malintesi buffi. Come quella volta che una signora a un convegno mi avvicinò:
“È qui con suo marito?” chiese convinta che fossi la moglie di uno dei relatori-scienziati. 
“Sono io mio marito” risposi divertita, nel mio inglese che conservava l’accento italiano. Lei scosse la testa convinta che non capissi l’inglese e tanto meno che lo sapessi parlare.

Sophie Germain, matematica

Avevo inviato il mio lavoro a uno dei più grandi matematici di tutta la Francia. E gli avevo scritto sotto falso nome, fingendomi uno studente maschio. Oddio, l’avevo fatto davvero. Che cosa mi avrebbe risposto? Dovevo solo aspettare. Ma i giorni passavano e non accadeva nulla.
“Niente per me?” chiedevo all’ufficio postale, ogni giorno più imbarazzata.
“Niente, signorina” rispondeva regolarmente l’impiegato.
Come avevo potuto pensare che un matematico come Lagrange perdesse tempo a rispondere a uno studente tra tanti? Dopo una decina di giorni ero ancora all’ufficio postale.
“Niente per me?”
“Dunque, vediamo...” mi stavo già volgendo per andarmene.
“C’è una lettera” disse invece l’impiegato questa volta, porgendomi una piccola busta. Corsi a casa: l’avrei letta da sola, in camera mia.
Voleva conoscermi. Joseph Louis Lagrange voleva conoscermi! Aveva letto il mio lavoro, gli era sembrato ottimo, e voleva incontrarmi! Era meraviglioso, tranne un piccolo particolare. Lagrange si aspettava di incontrare un giovanotto di nome Antoine Auguste LeBlanc.

Vera Rubin, astronoma

Dovetti fare molte battaglie. Come quella per poter usare il magnifico, enorme, unico nella sua potenza, telescopio di Monte Palomar di cui era vietato l’uso alle donne. Non riuscivo a capire la ragione di questo divieto. Eppure i moduli per accedervi erano chiari. C’era scritto: “A causa della limitazione dei servizi non è possibile accettare domande presentate da donne.” 
Il mistero rimase tale sino a quell’inverno del 1965 in cui scoprii che tutto dipendeva da un gabinetto. Ero andata a Monte Palomar per usare altre attrezzature. Il maltempo non lasciava presagire nulla di buono e, infatti, al momento di ripartire, rimasi bloccata. Un astronomo, mio collega, mi accolse gentilmente nell’enorme cupola del grande telescopio. 
“Posso usare il WC?” chiesi quasi subito. 
“Purtroppo ne abbiamo solo uno e lo usano gli uomini.” Era imbarazzatissimo. 
“Non fa nulla,” risposi allegramente. Presi carta e forbici, ritagliai la figura di una donna e l’incollai sulla porta del bagno accanto a quella di un omino. Il divieto era infranto. 
“Che sciocchezza pensai! E che pretese questi uomini!” 
Ma la battaglia era vinta. Da quel momento anche le donne hanno potuto usare il grande telescopio e la frase sui moduli fu cancellata per sempre.

Maryam Mirzakhani, matematica

Le ragazze iraniane non erano ammesse alle Olimpiadi di matematica. Da noi la selezione era pensata solo per i maschi.
Eravamo indignate. Una mattina, con i nostri esercizi risolti sottobraccio, andammo a bussare all’ufficio della preside. 
“E così, vorreste partecipare alle Olimpiadi di matematica!” disse lei, squadrandoci dalla testa ai piedi. “Non si è mai sentito di una ragazza iraniana alle Olimpiadi di matematica. La nostra squadra è sempre stata solo maschile. Lo sapete questo?” 
“Sì, ma…” cominciai infervorata.
“Niente ma. Le selezioni sono molto dure. Ne siete consapevoli?” 
“Sì, e comunque…” 
“I ragazzi che partecipano provengono da scuole che aderiscono alla gara da anni, con una lunga esperienza alle spalle. Sempre solo maschi. Pensate davvero di poter essere voi a cambiare questa tradizione?” 
“Scusi, ma le sembra una tradizione sensata?” la interruppi stizzita. 
“Per fare matematica,” rincarò Roya, “non servono mica barba e baffi!” 
Il volto della preside si aprì in un gran sorriso. “Ragazze, ce la faremo. Non è mai successo prima, e allora? C’è sempre una prima volta!
Quelle parole influenzarono per sempre la mia vita. La preside era una donna eccezionale: smosse mari e monti, e alla fine riuscì a ottenere che per la prima volta la competizione fosse aperta anche alle ragazze. Di sicuro fu felice di vedermi vincere l’oro per due Olimpiadi di fila, a 17 e a 18 anni! 




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